Al G20 i Brics frenano sugli aiuti all’Europa


A Washington i Brics non hanno chiuso la porta degli aiuti all’Europa, ma non l’hanno spalancata come previsto. Gli emergenti si sono detti disposti all’aiuto economico a una serie di condizioni: utilizzando i canali tradizionali del Fondo Monetario, considerando le esigenze di ogni singolo Paese e solo se verranno confermati gli sforzi dell’Unione Europea a rimettere i conti in ordine.

“Bisogna sconfiggere la povertà a casa nostra prima di aiutare gli altri”, è quanto ha detto Duvvuri Subbarao, governatore della banca centrale indiana, facendo raggelare il sangue di mezza Europa. E ridimensionando la fiducia sulla capacità di coordinazione dei Paesi emergenti sui temi globali. La scorsa settimana, il ministro dell’Economia brasiliano Guido Mantega aveva manifestato la volontà di investire sui debiti sovrani dei Paesi UE, creando aspettative nel vecchio continente. L’Italia aveva chiesto aiuto ai cinesi. Insomma, in Europa molti avevano creduto di aver trovato la spalla giusta sulla quale poggiarsi per intraprendere la via d’uscita dalla crisi economica. Ma una volta seduti intorno al tavolo delle trattative è probabile che non tutti i Paesi emergenti fossero d’accordo sulla proposta brasiliana. Qualche dubbio era già stato manifestato da Wen Jiabao al World Economic Forum di Dalian. In quell’occasione, il premier cinese aveva posto il vincolo degli sforzi all’Europa.

Ieri è arrivata la proposta definitiva. Forse un’occasione persa dai Brics verso l’acquisizione di un peso specifico di rilievo sui processi decisionali mondiali. Il salto di qualità è rimandato.

Eliano Rossi